India 2016 – Viaggio in India visto dagli occhi e dal cuore di Alessia

Magica esperienza indiana

17.09.2016 – …ci siamo… è giunto il momento di partire! h. 15.30 decollo da Venezia con il Presidente Michele verso il Tamil Nadu: una terra fino ad ora conosciuta solo grazie a Lonely Planet, alle foto ed ai racconti dei miei amici soci che già l’avevano visitata. So per certo che sarà un viaggio pieno di emozioni, non necessariamente positive ma mi sento pronta e motivata.

Mattino del 18.09.2016 – atterriamo all’aeroporto di Chennay e l’India inizia subito a pervadere i miei sensi: arrivano all’olfatto i primi odori di spezie, giunge all’udito il frastuono del caotico traffico e affascinano la mia vista gli splendidi sari colorati, indossati dalle donne indiane con straordinaria eleganza.

Ci attende Shatish; l’autista che per una settimana ci accompagnerà nel nostro percorso indiano destreggiandosi da vero maestro in mezzo ad un traffico, a dir poco, aggressivo. Vi assicuro che tante ore di auto su e giù per il Tamil Nadu sono state interessanti da un punto di vista etnografico ma spesso avevo la sensazione che solo l’intervento dall’alto di una gru potesse risolvere ingorghi indescrivibili.

Di tutta questa straordinaria esperienza, voglio raccontarvi quei momenti così forti da aver profondamente scosso la mia esistenza. Tra questi, in primis, l’Ospedale di Fatima Nagar! Malati di lebbra e tubercolosi, bambini sieropositivi: non potevo credere ai miei occhi quando ho visto tanti sorrisi stampati sul volto di queste creature, talvolta devastate dalla malattia. Il pensiero non può che andare subito a tutte quelle volte che, inutilmente, mi lamento della mia situazione. E’ un insulto verso chi, come loro, sta male davvero! La figura che spicca all’interno del lebbrosario è senza dubbio Suor Stella, infermiera di una dolcezza penetrante. Il mio compagno di viaggio, dice che il sorriso di Suor Stella lascia intravedere quanto sia felice del suo lavoro missionario e credo che servano un cuore ed uno spirito davvero fuori dal comune per dedicare la propria vita, o parte di essa, nel lebbrosario di Fatima Nagar! Michele, mi accompagna nelle stanze degli ammalati quando ormai è calata la sera. Entrare in quelle camere dalla fievole luce e trovarsi di fronte uno scenario che, seppure hai immaginato tante volte, non è lo stesso di quello che realmente mi si presenta davanti, non può che turbare profondamente il mio animo per tutta la sera ed i giorni successivi. Colpevolizzo il Presidente per avermi catapultata così brutalmente in quella realtà e lui mi risponde: “era proprio questo l’effetto che volevo ottenere!” Ed aveva ragione, eccome!

Altri momenti toccanti di questo viaggio sono stati gli incontri con i “dalit”, o fuori casta, destinatari dei nostri microprogetti. La manifestazione di gratitudine che ci è stata riservata si può definire con una sola parola: commovente!

Andiamo per ordine cronologico:

-          Mamallapuram: visita alla tayloring school che, grazie alle macchine da cucire, fornite negli scorsi anni dalla ns. Associazione, permette a ragazze orfane, donne vedove e provenienti da situazioni di grande disagio di imparare a cucire vestiti la cui vendita permette loro di guadagnare quel minimo che serve almeno per mangiare. Ci accompagna al villaggio Suor Rita e con lei consegneremo gli attestati di fine corso ad un folto gruppo di donne che ci accolgono con il saluto indiano a mani giunte e ci incoronano di ghirlande in lana da loro preparate.

-          Villaggio di Kilnathur: qui visitiamo il negozio di Victor che, con il ns. contributo per l’acquisto di strumentazione professionale, ora è titolare di un’attività di organizzazione eventi (matrimoni, feste, raduni…). Ci dimostra la sua gratitudine incoronandoci di ghirlande fatte di rose e gelsomini.

Ci rechiamo poi dal Sig. Vincent che, grazie ai 200.000 km percorsi per lavorare la sua terra con il trattore rosso Mahindra, fornito dalla ns. Associazione, è riuscito a costruirsi una casetta in muratura e far studiare il figlio all’Università. Il Sig. Vincent ci offre il succo delle sue noci di cocco mentre la moglie raccoglie dalla loro terra dei gelsomini freschi da donarci. Salire sopra il rosso Mahindra è stata una bella emozione: quel trattore ha reso molto migliore la vita del Sig. Vincent, e non solo…

Ci raggiunge al villaggio di Kilnathur anche Antony che ha ricevuto dalla ns. Associazione il camioncino Tata con cui, ora, fa trasporti su chiamata. E’ Padre Adam che ci accompagna in questo villaggio; eccezione di bontà e disponibilità nelle vesti di frate indiano.

-          Villaggio di Narrikanvayal: qui la gioia è esplosiva! L’impianto dell’acqua potabile, realizzato negli scorsi anni, è perfettamente funzionante ma soprattutto, dopo tanto tempo, riusciamo a rimborsare gli agricoltori del villaggio di una parte delle spese da loro sostenute per l’acquisto delle sementi di riso. So quanto complicata sia stata la realizzazione di tale microprogetto e, quindi, aver consegnato di persona i contanti ai farmers è stato un onore! Grazie al Presidente Michele per averci creduto fino in fondo e grazie al fondamentale aiuto di Padre Sagai che si è impegnato affinchè stavolta tutto andasse a buon fine. Inutile dire che anche qui le manifestazioni di gratitudine non hanno avuto limiti: ci hanno coperto di scialli, ci hanno offerto il loro riso e le calorose strette di mano hanno avuto la meglio sul saluto indiano a mani giunte che evita il contatto umano.

Trascorriamo l’ultimo giorno di permanenza in Terra indiana, presso il nuovo Ospedale di Suor Rita, inaugurato solo qualche mese prima. Grazie a questa struttura ed a Suor Rita che l’ha voluta, i dalit di circa venticinque villaggi della zona, possono trovare cure mediche che prima non erano possibili per loro (in India, si cura solo chi ha i soldi per farlo). Suor Rita è una missionaria, donna e medico che ti travolge con la sua forza d’animo! Un torrente in piena! L’energia che trasmette non si può capire se non la si conosce di persona. Incessantemente all’opera con i suoi pazienti, non si cura del suo cuore malato perché dice che sarà Dio a pensare a farla star bene affinchè lei, a sua volta, possa continuare a curare chi ne ha bisogno.

Nel pomeriggio precedente la nostra partenza, non ci facciamo mancare un’esperienza unica! Ci accompagnano a vedere alcuni villaggi all’interno della foresta. Villaggi dove vivono dalit di terzo livello; persone che non sono nemmeno riconosciute come tali dallo Stato indiano. Non hanno documenti, non possono entrare nelle scuole, non possono votare, si nutrono di serpenti, scorpioni, rane e vivono in capanne dove manca “tutto”! Persino il Presidente Michele rimane sbalordito….Tuttavia, guardandoli, si percepisce la loro spensieratezza e viene da chiedersi se stanno meglio queste creature ignare persino della loro età o se stiamo meglio noi che apparteniamo ad una società ricca ma proprio per questo sottoposta a stress e ritmi di vita spesso tanto disumani quanto disumana è la condizione di “dalit di terzo livello”!! E chissà qual è la risposta ad una riflessione così ingarbugliata….

Vi voglio accennare anche ai templi indiani ed alle sensazioni vissute entrandovi: lo stupore per la grandiosità di questi capolavori architettonici si contrappone al disappunto verso una religione che chiude letteralmente le porte in faccia ai non induisti. E quanto mi fa strano, nel mio essere e nel mio pensare, che un bambino o una donna si rasino il capo in segno di devozione alle divinità!

Mi hanno affascinata cultura, modi di vivere, modi di essere, tradizioni diversi dai nostri: mangiare con le mani, mucche (animali sacri) libere per strada, scolaretti aggrappati all’esterno degli autobus per arrivare a scuola, università di dimensioni colossali, guida all’inglese con obbligatorio suono di clacson ad ogni sorpasso, smog a livelli esorbitanti, corredo di gioielli in oro delle donne quale dote di matrimonio, sovraffollamento, montagne di sporcizia e rifiuti lungo le strade, prezzo di una cena al ristorante in riva al mare da contrattare rigorosamente prima di sedersi a tavola, succo di noci di cocco da sorseggiare con cannuccia, strade a pagamento, piedi scalzi per entrare nei templi, fiori freschi tra i capelli delle donne in segno di festa, povertà e sorrisi, capanne con antenna parabolica, caste e fuori casta….

Quasi dimenticavo di raccontarvi che se poi vi va di rischiare la vita, salite sopra un’apecar gialla per un breve tragitto: il divertimento è assicurato, se ne uscite vivi! E mi raccomando, contrattate prima le rupie da sborsare per il passaggio……gli indiani non fanno mai prezzi di favore ai turisti. Anzi, alle biglietterie troverete un diverso prezzo da pagare a seconda che siate indiani o di altra etnia.

Questo viaggio è stato un vero tour de force poiché una sola settimana di permanenza ci ha costretto a non avere tempi morti ed il caldo umido unito alle fastidiose zanzare non ha certo reso più facile l’avventura.

A circa un mese e mezzo dal mio ritorno, mi capita di lasciare andare spesso il pensiero a quei dalit che ho incontrato. Faccio due calcoli per sapere che ora sarà lì nel momento in cui li penso e mi chiedo cosa staranno facendo. Sono ancora un po’ lì con il cuore, insomma! E pensandoci bene, non poteva che andare così. A presto, India!

Alessia

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