India 2018 – Viaggio di Giovanni e Michele – il report di Giovanni – 3° parte

  • MARTEDI 13 MARZO

Dopo aver trascorso l’ultima notte, salutiamo e ringraziamo le suore di Fatima Nagar, non prima di aver riempito le nostre valigie con un gran numero di tovaglie ed asciugamani fatti a mano nel “nostro”  laboratorio tessile: serviranno per la loro distribuzione nelle “bancarelle di solidarietà” dell’Associazione ed  il prezzo pagato per il loro acquisto è il guadagno delle ex-lebbrose che li hanno prodotti. Ancora in auto per  qualche ora  ma questa volta ad attenderci è un resort a Tanjore, dove, tra un comodo letto e una piscina, abbiamo potuto riposarci dopo giornate intense.

  • MERCOLEDI 14 MARZO

Sveglia, ricca colazione e poi subito in partenza. Il resort è bello ma il nostro animo è legato a realtà ben diverse da quella. Perciò, in compagnia del nostro inseparabile driver John, ci rimettiamo in strada con destinazione Panayur, località situata sulla costa del golfo del Bengala, in cui sorge l’ospedale fondato da Suor Rita. Arriviamo a tarda sera e veniamo accolti dalla suora con tutte le premure del caso. L’ospedale è il punto di riferimento per innumerevoli villaggi dalit e di comunità tribali della zona che, non avendo alcuna attenzione da parte delle autorità statali, si rivolgono in continuazione alle suore per curare i più svariati problemi di salute. L’affluenza è continua, a tutte le ore del giorno, ma l’impegno delle suore è davvero ammirevole.

  • GIOVEDI 15 MARZO

La mattinata è caratterizzata dalla visita a più di 15 famiglie dalit “di terzo grado” (cioè il livello più basso all’interno della classe dalit) nel villaggio chiamato Kovaipakkam, famiglie  alle quali l’Associazione ha reso possibile l’avere  mucche e capre. La situazione è di miseria più totale: i bambini non studiano, gli uomini e le donne, per via della loro condizione sociale, non possono lavorare e la loro esistenza non può che risentirne. Quasi tutte le mucche che abbiamo distribuito hanno un vitellino o sono incinte mentre la produzione di latte resta scarsa a causa della mancanza di acqua. Anche la gestione delle capre, nel senso della loro riproduzione,  viene valutata positivamente.  Nel pomeriggio, sempre in compagnia di Suor Rita, facciamo visita ad altre famiglie, alcune musulmane, terminando il nostro girovagare con una piccola siesta, al calar del sole, in riva all’oceano. La serata trascorre serena tra pesce fresco e chiacchierate con Sister Rita: nonostante i problemi fisici, nulla sembra dissuaderla dal fare del bene. Dopo aver fondato le strutture a Fatima Nagar, ha creato questo ospedale e la sua grande fede nel Signore e il suo entusiasmo nel raccontare la sua “incredibile quotidianità” non possono che inquietare e interrogare  gli animi di chi l’ascolta.

  • VENERDI 16 MARZO

Ultimo giorno in India e la nostra esperienza non poteva che concludersi come era iniziata: tra i villaggi della gente dalit nell’area di Panajur. In compagnia di una suora e di Mr. John, ci siamo addentrati in alcuni villaggi all’interno di foreste di banani e palme: anche qui la situazione è di forte miseria e la nostra presenza e quella delle suore è vista come una piccola luce nel mezzo dell’abbandono in cui sono lasciate queste famiglie. Nel tardo pomeriggio, partiamo per l’aeroporto di Chennai. Come mi era stato detto da Michele prima della nostra partenza, l’arrivo allo scalo di Dubai è un pugno allo stomaco: lo spettacolo smaccato di ricchezza e sfarzo stridono in modo assordante nella nostra testa ripensando alle realtà vista solamente poche ore prima, nelle capanne dei villaggi, in mezzo alla miseria più indicibile.

 

Molto altro si sarebbe potuto scrivere e tanti altri particolari affiorano nella mente: dai maestosi e coloratissimi templi indù alle scorribande a bordo di quei simpatici apecar “Piaggio” gialli, passando per il latte di cocco sorseggiato direttamente dalla noce con una cannuccia,  ai sorrisi dei moltissimi ragazzi e ragazze incontrati nei vari villaggi, smaniosi ed entusiasti di farsi  un “selfie” con noi. Mentre scrivo queste righe sono passati ormai già diversi giorni dal nostro ritorno ma il ricordo di quest’esperienza è ancora molto forte: torni a casa consapevole di aver visto un altro piccolo pezzo di mondo nella sua più nuda e cruda realtà. Tutto ciò non può non toccarti e cambiarti “dentro” e, nel ripensare ai volti di quelle persone, con la mente per un momento mi sembra di essere ancora lì.

Concludo con le parole di un “profeta” di questa terra, Gandhi: “Sii il cambiamento che speri di vedere nel mondo”. Credo che questo pensiero esprima al meglio l’obbiettivo perseguito dalla nostra Associazione e rivolto al bene di quegli “umili” che, con poco, possono diventare protagonisti del loro stesso “riscatto umano”.

 

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