Il viaggio in Uganda di Giulia, Giovanni, Sladana e Michele – Agosto 2014

“Ci sono cinque famiglie che non hanno nulla, proprio nulla – mi dice Suor Giuditta.  Sono nel lastrico più totale. Caro Michele, prendi la jeep, vai a vederle e vedi cosa può fare “Sulle Orme dei Servi”. Con un temporale “equatoriale” in corso, sono salite con me  sulla jeep Mrs. Margret, Gianna e Giulia. La pioggia era così “tanta” che il tergicristallo faceva fatica a mostrarmi la strada tutta buche e fango:   le ruote , a tratti,  non facevano presa e  giravano a vuoto. Ad un certo punto si è dovuto  imboccare una stradina e lasciare “la pista” centrale. Ancora più fango, ancora buche su una sede stradale di poco più di due metri. Arrivati al punto indicatoci da Mrs. Margret, al riparo dei nostri  k-way, saltellando tra buche e pozzanghere, siamo arrivati alla casa della Sig.ra Rose. Casa? Un termine eufemistico per indicare un parallelepipedo di 8mt x 5mt, con un tetto di lamiera. Siamo entrati e abbiamo realizzato che le espressioni della miseria e la marginalità che ci sono al mondo non hanno un fondo su cui posarsi, una buona volta,  definitivamente. La Sig.ra Rose, priva dell’uso delle gambe, era sul pavimento di terra battuta nella sua “casa” priva di corrente elettrica, di servizi igienici, di mobilio, di ciò che può dare  l’idea del  termine“ casa”. A terra, dietro di lei, abbiamo intravisto un bimbo, dormiente.  Scrutando bene c’e n’era un secondo nell’angolo a destra, in mezzo a degli stracci lì ammonticchiati. La Sig. ra Rose è sieropositiva, vedova del marito morto di AIDS. Ha sette figli: la più grande, di 14, assieme ai fratelli, lavora il campo vicino “alla casa” da cui traggono l’alimentazione che li nutre. Infatti, nel cortile di fronte alla casa, sotto la pioggia,  su un piano retto da quattro pali, c’erano alcuni pentolini,  tegami e piatti di  alluminio. Tra un mese la Sig.ra Rose  dovrà  abbandonare quella “casa”, non essendo di sua proprietà. Suor Giuditta valuterà le iniziative per non abbandonarla al suo destino, sia lei che i figli. Pagherà per loro l’affitto, credo. “Usciamo, mi manca l’aria” ha mormorato, ad un certo punto,  Gianna. Non è che mancasse l’aria, c’erano spifferi dappertutto: era l’angoscia che tutti noi provavamo in quella situazione, ma abbiamo voluto comunque restare.  spiegandole  le ragioni della nostra visita: l’Associazione si accollava l’onere per terminare di pagare la quota restante per il “riscatto” del campo  coltivato dai figli. La Sig.ra Rose ci ha  ricambiati con un cenno di sorriso. Mrs. Margret le parlava in dialetto, scambiando frasi che, immagino, siano state di circostanza. Poi le abbiamo chiesto se acconsentiva a farsi fotografare e ci ha detto di sì. Il flash della macchina fotografica ha illuminato, per un attimo, un ambiente scuro e tetro. L’abbiamo salutata dopo qualche altro minuto, stringendole la mano. Nelle chiese, durante le liturgie, si chiede spesso di pregare per i poveri e gli emarginati. Noi siamo stati dei privilegiati perché la nostra preghiera è stata totalmente esaudita:   nella “casa” della Sig.ra Rose, li abbiamo davvero incontrati!!

 

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