Viaggio in Uganda

Il giorno prima di partire per la mia prima esperienza in Uganda, valigia tutta pronta e biglietto aereo già posto nella tasca della camicia, mi invia una e-mail l’amica Chiara di Ronzano (Bologna) nella quale scrive: “Ciao Michele, ho appena visto che in Uganda c’è un’epidemia di Ebola che come sai si prende facilmente ed è senza cure!!! Sono in pensiero per te!!!”
Accidenti! Ci voleva anche questa!- dissi tra me e me. Ma per saperne di più sul “virus Ebola”sono “andato” su Wikipedia”: in effetti si tratta di malattia davvero temibile, quasi sempre mortale, per la quale non ci sono cure affidabili e la morte comporta dolorosissime emorragie da tutti gli orifizi del corpo.
Dire che non mi sono sentito preoccupato sarebbe ipocrita. Ma è stato leggendo le note a fondo pagina di Wikipedia che timori e pregiudizi si sono dissolti e in me è tornata forte e chiaro il desiderio di partire: non sapevo che nel 1995, quando Ebola uccise ufficialmente 245 di ugandesi, sei Suore della Congregazione “Le poverelle” rimasero nell’Ospedale di Kikvit. Leggo:” si pose loro il dilemma: andarsene come molti……..Scelsero di restare , anzi una si recò a Kikvit per aiutare le consorelle. Sei di loro morirono………”.
Pensavo che non mi era possibile, a costo di una vergognosa pusillanimità, nutrire, sapendo di questo eroico martirio, paure che non erano congrue allo spirito di quello che mi stavo accingendo a fare.
Poi, giusto aggiungere anche questo: le vittime di Ebola si localizzavano soprattutto a ovest del Paese, verso il Congo. Anche se poi si è diffuso più a est, a Kampala e in altri posti. Per qualche giorno i giornali ne hanno dato notizia, dicendo però che non si riusciva a “contenere” il fenomeno e quindi con la “saggezza” che ispira sempre la politica, si cessò di parlarne.
Del resto già lo si sapeva che L’Uganda presenta un profilo sanitario abbastanza particolare: non solo è obbligatoria la vaccinazione per la “febbre gialla”, senza la quale non è possibile l’ingresso nel territorio nazionale, ma è opportuna anche una profilassi contro la malaria, estremamente diffusa ed è bene sapere che l’infezione dell’AIDS è altrettanto diffusa tra la popolazione che non sembra, però, molto preoccupata di questo, convivendo con il virus con apparente tranquillità.
Cose che, nel loro insieme, possono preoccupare ma che invece, in buona sostanza, richiedono solo attenzione e accortezza a chi si reca laggiù.

Ed è stato quindi così che dal 1° al 12 Agosto di quest’anno io ed il dottor Mario Moretti di Fiorano Modenese, vecchio amico di indimenticabili esperienze sudamericane, ci siamo recati in Uganda, presso le Missioni dei Servi e delle Serve di Maria di Kisoga e di Jinjia.
Scopo del viaggio era quello di effettuare una prima verifica dei vari micro-progetti realizzati in collaborazione con Suor Giuditta Andreazza delle Serve di Maria di Pistoia, che laggiù opera da tanti anni e con le due Socie del Regnum Mariae (Anna e Margherita) che a suo tempo vi si erano recate.
Ci fa piacere pensare che l’esito è stato positivo e giudichiamo che la traccia realizzata per dare continuità ai nostri micro-progetti associativi sia stata di sufficiente profondità: quindi è verosimile e auspicabile il ritorno laggiù di Soci “volontari” dell’Associazione anche l’anno prossimo.

Per la quasi totalità del nostro soggiorno siamo stati ospitati presso il Convento delle Suore Serve di Maria di Pistoia di Kisoga, diretto da Suor Benizia, friulana di origine, insegnante in pensione e quindi con quel “tocco” austero e severo necessario all’ordinato svolgimento della vita in comunità. Unica sua debolezza constatata: assidua ai telefilm ad “alta intensità d’azione” in onda alla sera dopo cena.
Certamente i locali dove abbiamo preso alloggio, io e il dottor Moretti, presentavano l’ovvio tocco spartano che ben si addice alle realtà “missionarie”, com’è giusto che sia: siamo stati alloggiati nella “prima casa” abitata dalle suore al loro arrivo a Kisoga. Ma a rendere tutto gradevole e piacevole sono state le cure davvero speciali, affettuose ed amorevoli di Suor Gemma, che si è premunita che nulla ci mancasse, che colazione-pranzo-cena fossero quanto di meglio si potesse desiderare, disponibile a venirci incontro a ogni nostra necessità (come il telefonare, lavare qualche capo di abbigliamento, prenotare un veicolo per spostarsi, etc. etc.) . Io e il dottor Mario Moretti, siamo stati piacevolmente colpiti da tanta bontà e tanta premura e, in cuor nostro, l’abbiamo ringraziata di cuore più e più volte!

Siamo stati anche a Jinjia, (per strada si colgono i segni della crescente presenza industriale cinese) importante città industriale a circa 70 km. da Kisoga, ospiti del convento dei frati, dove abbiamo incontrato p. Xotta, che da tanti anni, laggiù, segue la scuola di formazione dei Servi di Maria: un piacevole e simpatico incontro, date anche le comuni “radici” vicentine.
Il convento dei Servi di Maria è proprio “sopra” le “sorgenti del Nilo”, che nasce dal lago Vittoria. Abbiamo avuto l’occasione di dare un’occhiata sia al lago, che al fiume, concedendoci un breve momento turistico, accompagnati da p. Francis Kawiki che regge una Parrocchia dei Servi di Maria alla periferia della città. P. Francis ci ha poi consegnato la proposta di un progetto agricolo a favore dei suoi parrocchiani, progetto che la nostra Associazione prenderà certamente nella giusta considerazione.
Sempre in questa città abbiamo incontrato Miss Betty Nakkazy, del Regnum Mariae: abbiamo visitato l’atelier dove lavora e visto la macchina da cucire elettrica e l’utensile ’”over lock” che ha potuto acquistare, grazie anche al contributo economico dell’Associazione. Il progetto avrà una seconda fase conclusiva: il sostegno all’acquisto di una macchina elettrica ricamatrice, per dare a Betty l’opportunità, com’è nei suoi desideri, di ampliare considerevolmente la gamma degli articoli in grado di produrre.

Ma il “cuore” del viaggio, la parte più significativa ed importante, noi l’abbiamo vissuta i giorni in cui abbiamo “caracollato” su e giù per le colline attorno a Kisoga, in compagnia di Miss Margaret, amica e collaboratrice di Suor Giuditta, per visitare le famiglie, anzi meglio dire, le donne e le loro numerose proli, che avevano beneficiato dei micro-progetti: animali (maiali, capre), sementi e contributi per l’acquisto di terreno da porre a coltura di autoconsumo (mais, arachidi, banane, caffè).
Salendo e scendendo da varie colline su sentieri minimi, resi fangosi per la pioggia caduta in quei giorni, abbiamo visitato le persone che abitavano in casette di una miseria per noi indicibile.
Ci hanno mostrato, compiaciute, i maiali e le scrofe ben cresciuti da quando, mesi or sono, sono stati comprati con il contributo dell’Associazione. In una famiglia ci hanno detto che con la vendita della “prima serie” di maialini, che la scrofa ha loro omaggiato, è stato possibile acquistare un vitellino. In un’altra, sempre con i neo-nati maialini venduti al mercato e i risparmi accumulati in precedenza, è stato possibile addirittura il sospirato acquisto di una mucca.

Piccoli fatti, per noi quasi insignificanti, ma che ci sembra siano vissuti da quelle famiglie come un incentivo a reagire all’abbandono e alla povertà, sentendosi oggetto di attenzione e solidarietà concreta da parte di qualcuno che, stranamente, è a loro sconosciute e viene da così tanto lontano e sconosciuto Paese.
Momenti ancora più intensi li abbiamo vissuti quando abbiamo incontrato quattro donne, in altrettante occasioni, tre vedove ammalate di AIDS, contratto a loro volta dal defunto marito, e una nonna, tutte circondate da numerosi bimbi.
Appena Miss Margaret spiegava loro la ragione della nostra presenza, cioè la decisione della nostra Associazione di contribuire al pagamento del terreno su cui coltivare quanto è loro necessario per il sostentamento alimentare, in tutte e quattro occasioni donne e bimbi si sono gettate subito di fronte a noi due in ginocchio!!
Capirete la nostra sorpresa e il nostro sconcerto a ricevere un gesto così desueto in segno di ringraziamento, ma che, così ci hanno detto, esprime la cultura di sottomissione della donna nei confronti dell’uomo, che innerva ancora profondamente quella società.

E questa sottomissione spiega anche quanto mi aveva già anticipato Suor Giuditta in un nostro colloquio: l’Uganda è un “fatherless country”, “una nazione senza padri”. Gli uomini svolgono la loro “attività sociale” facendo figli con più donne e questo spiega anche la notevole diffusione dell’AIDS.
E come conseguenza di questo: quanti, quanti bimbi! Dappertutto! Credo che l’età media di un ugandese sia sui 13-15 anni! L’anziano appare davvero poco tra quelle folle di giovani. Un’autentica esplosione demografica. Mi chiedevo costernato: una creatura non chiede di venire al mondo, ma se viene deve trovare le condizioni di vita minime per garantirgli i suoi diritti inalienabili: avere diritto ad una casa e dei genitori che l’accolgano e si impegnino per lui, all’istruzione, al gioco e alla spensieratezza, ma anche e soprattutto un avvenire degno di essere sognato ed anche realizzabile : istruzione, lavoro sicuro e continuativo, assistenza medica, diritti civili, politici, sindacali. Mi sembra che, come altrove, si tratti di proiezioni personali tipiche di chi viene dall’occidente, ma mi chiedo egualmente: chi darà prospettiva, dignità, possibilità concrete e razionali a tutta questa esuberante umanità che si affaccia alla vita e ai suoi problemi? A vedere il caos del traffico di Kampala e delle strade che la circondano, le baracche, gli enormi e sguaiati cartelloni pubblicitari, mi sembra che tutto “sia regolare” come negli altri Paesi del Sud del mondo. I sogni si frantumeranno tra l’inevitabile inurbamento nelle periferie, “collo di bottiglia” fatale per la quasi totalità di loro e l’emigrazione per molti altri.

Oltre ai bambini mi sembra che il trend sia positivamente esponenziale solo per altri oggetti, in primis i cellulari, presenti in numero esorbitante rispetto a quelle che sembrano le risorse per gestirne i costi di una comune persona. Eppure.
Ero in mezzo alla foresta e vedo, nella strada, venirvi incontro un camion con un numero straripante di ragazzi nel cassone posteriore: decido di fare una foto: ma mentre guardo l’obiettivo nella macchina fotografica, vedo che un ragazzo, dal camion, prende il suo cellulare e mi fotografa! E’ tutta qui, in questa sintesi, l’Africa d’oggi?
Ho visitate delle scuole, a Kisoga, volute dal non dimenticato Servo di Maria p. Biagioli: sono rimasto basito dal disordine, dalla sporcizia, dal degrado di una struttura voluta con tanta passione e generosità. Sono più che altro “luoghi di socializzazione” tra ragazzi e ragazze, dove più che per l’eccellenza scolastica, sembrano siano altre le inclinazioni…………..
Poi: la famiglia. Per i più tra loro, sembra davvero un’entità astratta. E infatti è davvero desueto vedere madre, padre e figli assieme! Poi è la donna che si cura dei bimbi, che zappa, che porta l’acqua, che “manda avanti” tutto l’insieme. I maschi? Se ne stanno, ingrugniti e sfaccendati, al centro del villaggio, dando l’idea di farsi passare addosso il tempo. O tutt’al più guidano i camion, gli autobus, le moto, le bici, i trattori e quant’altro abbia dei pistoni a motore. Ma quanto si può realizzare con il sudore della zappa è un affare da sole donne!

A parte queste considerazioni dal tono indubbiamente negativo su quanto la società ugandese, che del resto sorgono spontanee a chi, come noi, proviene da un ambiente culturale che ha sempre espresso l’assoluta e imprescindibile importanza della responsabilità paterna nell’educazione dei figli, con il mio amico dottore, che anche a Kisoga ha avuto l’opportunità di visitare e curare dei malati, tra cui un fanciulla orribilmente ustionata, abbiamo convenuto che questo mondo così diverso dal nostro necessita di approfondimenti e valutazioni più attente: pur in tanta diversità ci sono certamente valori ed eticità vissute in modo a noi sconosciute ed una cultura così diversa dalla nostra che chiede comunque di non essere banalizzata o avversata. Ciò non succederà.
Poi, cosa molto importante per i Soci dell’Associazione: la positività del riscontro avuto dai micro-progetti realizzati, volti a soddisfare esigenze specifiche delle persone cui sono rivolte, di veloce realizzazione e con positivo e concreto impatto economico assicurato “in tempi brevi”.

Suor Giuditta, e speriamo non solo lei, lo sappiamo, è di questo parere e opererà in questa direzione. L’Associazione “Sulle orme dei Servi-verso il mondo” sarà, a Kisoga, di certo e assolutamente, della partita.