Uganda 2019 – riflessione di Franco: UGANDA, CUORE NERO DELL’AFRICA E DEL MONDO

Da varie persone mi è stata chiesta una valutazione sul mio recente viaggio in Uganda.
Più che illustrare le iniziative che abbiamo promosso come Associazione (“Sulle Orme dei servi verso il mondo”), vorrei richiamare l’attenzione sull’impatto che l’Uganda – luogo del primo insediamento umano nel nostro pianeta – ha provocato su di me.

L’Uganda ‘profonda’, non quella caotica di Kampala o quella affascinante dei circuiti turistici.

Ciò che mi ha maggiormente colpito è stata la generosità della natura, la sua prorompente prodigalità nel mettere a disposizione ogni sorta di pianta, di frutta, di animali, per non parlare delle temperature, più che gradevoli per un territorio situato all’equatore e durante la stagione estiva.

Una generosità che si trasmette per intero anche all’uomo, beneficiato da una prolificità di ‘prima grandezza’ (sei figli di media per ogni donna), che fa dell’Uganda uno dei Paesi più giovani del mondo: la metà della sua popolazione (circa 40 milioni) ha meno di 15 anni! Una popolazione che vive “dentro” la natura, nei suoi cicli e con i suoi ritmi, in cui la struttura famigliare appare “approssimativa”, poco definita nei ruoli, con la figura del padre latitante, se non del tutto assente. Una vita sociale naturalmente tollerante, in cui convivono oggi differenti fedi, credenze e stili di vita.

Da qui emerge una duplice, contraddittoria, domanda: la prima, l’Uganda è un luogo ideale in cui scegliere di vivere fuori dalle tensioni e dalle violenze del nostro mondo occidentale? O, piuttosto, non è rimasta ancora allo stadio iniziale del progresso umano e della civiltà, che si è realizzato proprio al prezzo di distaccarsi dalla natura?

Va detto che la pur generosa natura non può reggere alle “ragioni di scambio” che intercorrono tra un’economia di sussistenza e l’economia globale che conosciamo. L’Uganda è e resta un “Paese del terzo mondo”, con le sue povertà, violenze, diseguaglianze, ecc. Forse non c’è lo spettro della fame presente in altre parti del mondo, ma questo non basta certo per farne un luogo ideale per viverci.

Più articolata è la riflessione sulla seconda questione. Noi sappiamo che proprio il superamento della “natura” attraverso la “cultura”, ha permesso all’uomo di raggiungere incredibili conquiste scientifiche, politiche e sociali e, conseguentemente, di migliorare enormemente la qualità della propria vita. Sotto questo profilo, sicuramente l’Uganda non può rappresentare un esempio.

Tuttavia, ritengo che rimanga aperta la questione se l’uomo contemporaneo – emancipato dalle costrizioni della natura – possa considerarsi unico e libero artefice del proprio destino: l’uomo è cultura ma è anche natura, è creatività ma è anche ‘dato fisico’, è libertà ma è anche dipendenza, è anima ma anche corpo. Soprattutto in un periodo nel quale la sua pre-potenza ha sottovalutato le conseguenze del proprio agire, in particolare nei confronti dell’ambiente, e ha dimenticato che senza la natura viene meno anche la sua stessa possibilità di esistere.

L’Uganda è qui a ricordarcelo.

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