DIARIO DEL VIAGGO IN ALBANIA – dal 27 luglio al 03 agosto 2013

27 luglio – con un volo aereo di poco più di un’ora atterriamo all’aeroporto di Tirana dove ci aspettano Suor Gemma e Suor Emanuela che ci salutano calorosamente e ci accompagnano fino alla loro dimora di Ishull Leze a bordo di un fuoristrada: indispensabile per affrontare le strade albanesi caratterizzate spesso da buche, cunette, pozzetti aperti e sterrati.

Il tragitto dura circa un’ora: il tempo di rendermi conto che, pur non essendo così lontana da casa, mi trovo in una “Terra” completamente diversa; “indietro” di decenni rispetto all’Italia. Montagne aspre, campi coltivati manualmente, venditori di coccomeri e meloni lungo le strade, molte abitazioni la cui costruzione progredisce man mano che i relativi proprietari guadagnano lavorando fuori dall’Albania. Un traffico “selvaggio” in mezzo al quale vince chi si prende la precedenza a suon di strombazzate, sorpassi e noncuranza delle regole stradali….non c’è da sorprendersi se ti arriva qualcuno in contromano!

Per una settimana saremo ospiti della piccola Comunità delle Serve di Maria di Ishull Leze costituita, oltre che dalle già nominate Suor Gemma e Suor Emanuela, dalla Superiora Suor Marisa la quale ci accoglie, sulla porta, con un’ospitalità che mi fa sentire subito a casa.

28 luglio – è domenica ed al contrario delle mie aspettative, oggi, i negozi ed il mercato sono aperti. Sembra quasi che qui, chi lavora, lavora sempre e chi non lavora, non lavora mai. E’ una giornata calda, il sole brucia nonostante sia mattina presto ed assieme ai miei compagni di viaggio ci incamminiamo verso il mercato di Ishull Leze. Inizio ad incrociare i primi volti albanesi, i bar sono gremiti specialmente di uomini giovani, le donne più anziane vestono gli abiti della tradizione, lungo i marciapiedi sostano venditori di galline, qualche ragazzino ci chiede l’elemosina. Osservo tutto quanto mi circonda ignara che, nel giro di poche ore, sarebbe iniziato un viaggio che potrei definire “ un turbinio di emozioni”.

Arriviamo al mercato: qui si trova di tutto ma ciò che colpisce sono i volti dei venditori/venditrici non particolarmente felici né sorridenti; s’inizia a percepire la sensazione che questo popolo, per forza di cose, si porta ancora dentro gli orrori della dittatura caduta solo nel 1990.

In tarda mattinata, Suor Gemma ci accompagna alla Messa. Oggi c’è pure un battesimo. Alla fine ci viene presentato il Vescovo di Ishull Leze che mi colpisce per la sua semplicità. Pensate che ci ri-accompagna lui a casa delle Suore: quale Vescovo italiano avrebbe fatto altrettanto!? Qui la “grandezza” legata ai “titoli religiosi” non esiste…

Nel pomeriggio visitiamo la Cattedrale di Ishull Leze e, a piedi, passiamo davanti al Municipio, al Palazzo della Cultura ed a ciò che rimane della Cattedrale di S. Nicolas (XIV secolo). Ovunque sventola la bandiera albanese…

29 luglio – oggi cominciano i centri estivi per i bambini ed alle ore 8.00 il cortile delle Suore si riempie di ragazzini albanesi di età varie. Uno dei compiti delle Suore Serve di Maria qui, è proprio quello di toglierli dalle strade convincendo le loro famiglie a mandarli a scuola ed ai centri estivi nel periodo in cui le scuole, come da noi, sono chiuse. Il fatto che siano numerosi rappresenta una piccola conquista e d’altra parte il meritevole lavoro delle Suore è fatto soprattutto di piccole conquiste che si raggiungono grazie alla loro costanza ed al grande spirito missionario. Io le considero delle eroine! Sarà Suor Emanuela che seguirà le attività dei piccoli in questa settimana.

Suor Gemma, invece, oggi ci accompagnerà a visitare il Castello di Leze.

Nel pomeriggio abbiamo l’occasione di vedere i primi bunker costruiti durante il regime di Enver Hoxha.

Di ritorno,verso sera, si vedono molte donne che riportano a casa le mucche lasciate a pascolare durante il giorno. Le donne sono il perno della società. Quasi sempre subiscono violenze dai mariti che non hanno potuto scegliersi. I matrimoni, per la maggior parte, vengono combinati tra le famiglie e prevedono una settimana di feste ma in realtà non è che ci sia molto da festeggiare visto che per la donna, si tratta dell’inizio di una vita di sottomissione al marito.

30 luglio – un martedì di emozioni forti e spunto di riflessione sulla brutalità del genere umano. Ci dirigiamo verso Scutari dove visitiamo il castello dal quale si ammira un paesaggio incantevole tra montagne e lago. Più tardi ci spostiamo al Convento di clausura delle Clarisse e da qui raggiungiamo le carceri. Tra le celle, ne spicca una con una croce di legno affissa ad una parete: è stata la prigione di Maria Tuci. Il racconto della sua storia mi fa raggelare. Suora Francescana che, per essere rimasta fedele alla sua vocazione ed al suo onore ha subito dalla dittatura ogni genere di tortura fino ad essere chiusa in un sacco con tre gatti che l’hanno sfigurata e ridotta in fin di vita. In aggiunta a lei, innumerevoli sono le vittime ed i martiri del regime di Hoxha che vietava qualsiasi tipo di religione.

Oltre alle carceri in fase di restauro stanno per essere trasformati in un museo degli orrori molti strumenti di tortura, la stanza in cui venivano interrogati i prigionieri, gli appositi strumenti di registrazione delle testimonianze, il cortile recintato da filo spinato dove i carcerati avevano piccoli momenti di “libertà” durante il giorno…mi chiedo: perché si vuole conservare tutto ciò in un museo lussuoso quando gli albanesi vorrebbero solo dimenticare!?

Incontriamo, poi, Dario: un ragazzo poco più che ventenne, straordinario. Figlio di due musulmani; ha deciso di abbracciare la fede cristiana e vive nella comunità di Padre Antonio. Studia, collabora per la comunità e nel sentirlo parlare mi viene da pensare che ci sia una speranza di “riscatto” per l’Albania ma lui forse è solo una “mosca bianca”….poi però Suor Marisa dice che “serve poco lievito per far lievitare la pasta” e lascia intendere che bastano poche persone per migliorare. Chissà se è proprio così….

Nel pomeriggio incontriamo Luciano, religioso laico dei Marianisti, che ci porta nel villaggio ROM. Ha tolto dalla strada circa duecento bambini e con immane fatica cerca di convincere le famiglie di continuare a mandarli a scuola. Entriamo in alcune case dove le condizioni igieniche non sono neppure da descrivere. Da un lato sento un colpo al cuore nel rendermi conto che ci sono persone che vivono in simili condizioni di degrado, dall’altro mi commuove il vedere l’affetto che i bambini ROM dimostrano per Luciano correndogli incontro e saltandogli al collo. E mi chiedo: perché, tra tutti i missionari presenti in Albania, solo un uomo si sta prendendo cura di questa realtà?!

31 luglio – la giornata inizia con la visita al villaggio di Blinisht dove la religiosa laica che incontriamo ci racconta, tra le altre cose, la storia di Padre Antonio Sciarra (morto nel 2012) e della Comunità che ha costituito. Poco più tardi conosciamo Alessandro, un Ambasciatore di Pace, che ci spiega quale sia il suo ruolo e ci espone la situazione politica: da qualche mese il popolo ha votato ma l’esito delle votazioni si saprà solo a Settembre anche se sembra certo che al partito democratico subentrerà un “dittatore giovane” e sarà da vedere che ne sarà pure degli Ambasciatori di Pace…

Alla Comunità di Padre Antonio sono legate delle cooperative (laboratorio di ceramiche, produzione di vino) che danno lavoro agli albanesi e infatti spesso sono le missioni a portare lavoro in questa terra dove manca completamente lo “spirito imprenditoriale”. D’altra parte è comprensibile se si pensa che fino a poco più di vent’anni fa era il regime a garantire il minimo per vivere indipendentemente da quanto una persona lavorasse.

Nel pomeriggio iniziamo ad incontrare le famiglie che sono state aiutate con i nostri micro progetti. La prima è quella di Gjovalin che, da pochi mesi, ha ricevuto un motocoltivatore e ci mostra tutta la sua riconoscenza e gratitudine accogliendoci in casa ed offrendoci da bere. Gjovalin vive con la moglie e due figli (un maschio ed una femmina) che vanno a scuola. L’arrivo del motocoltivatore ha permesso alla moglie di dedicarsi di più alla famiglia visto che prima toccava a lei il lavoro manuale della terra e comunque rappresenta un miglioramento che apre alla speranza.

Per cena ci aspettano Matia e la sua splendida famiglia che ti aprono il cuore di gioia per quanto sono sorridenti e belli assieme. Una moglie e madre che rappresenta il “cuore” della famiglia ed alla quale va tutta la mia ammirazione, due figlie ed un figlio dediti allo studio. Vivono in una dignitosissima povertà: una piccola casa, molto stretta per cinque persone eppure c’è posto per tutti. I nostri microprogetti con Matia sono iniziati nel 2010 con la costruzione di un pozzo artesiano per l’irrigazione e continuati quest’anno con l’acquisto di un motocoltivatore. I microprogetti realizzati hanno dato lo stimolo a Matia per rendere migliori le condizioni del posto in cui vive, per esempio, costruendo un ingegnoso sistema di irrigazione realizzato su tutto l’orto sfruttando il pozzo scavato.

Aver conosciuto queste due famiglie mi ha fatto capire che anche in Albania c’è del “buono”.

01 agosto – oggi siamo a Krajen a visitare il castello ed i musei. Molto significativo il museo etnografico dove la guida si sofferma a parlare del Kanun che è il più importante codice delle consuetudini albanesi risalente al 1400 e riportato in forma scritta dopo la caduta del regime comunista di Hoxha. Tra le varie cose, regola anche la Besa (la parola data) e le vendette di sangue ovvero il diritto di vendicare l’uccisione di un proprio familiare colpendo i parenti maschi dell’assassino fino a tre generazioni. Per questo motivo, numerose sono le persone che si auto recludono per scampare alla morte se non viene loro riconosciuto il perdono dei parenti offesi tramite un rigoroso rituale. Spetta ad amici e parenti il compito di provvedere a tutte le incombenze che impongono un contatto con l‘esterno e, ovviamente, per il “figlio della vendetta” non è prevista la possibilità di lavorare.

Negli ultimi anni molte regole del Kanun sono state deformate e sono divenute il pretesto per compiere delitti di stampo mafioso e delitti su donne e bambini un tempo preservati.

02 agosto – visita alla famiglia di Tonino aiutato, nel 2012, con il contributo per l’acquisto di un nuovo pulmino fondamentale per il sostentamento economico del suo nucleo. Tonino guadagna da vivere, infatti, effettuando trasporti di persone con il mezzo. Ci accolgono con una gratitudine ed ospitalità eccezionali. Ti danno tutto il poco che hanno! Anche Tonino ha una moglie e cinque figli straordinari.

Ecco la terza famiglia in grado di mettere in discussione la pessima idea che in generale l’italiano ha dell’albanese.

03 agosto – l’esperienza albanese sta volgendo al termine. Suor Gemma ci accompagna da Teresa, nel laboratorio dove vengono prodotte con telaio a mano meravigliose tovaglie, strofinacci, borsellini….facciamo rifornimento per poter allestire le nostre bancarelle in Italia e favorire la vendita dei loro prodotti artigianali. Ultimi giri in mezzo al traffico selvaggio e nel pomeriggio Tonino si offre di accompagnarci all’aeroporto di Tirana perché dice di voler fare qualcosa per noi.

Il decollo avviene con un paio di ore di ritardo e mi riporta in Italia con 50 Leke portafortuna nel portafoglio e arricchita di un’esperienza che è valso la pena di fare. Come in tutte le cose, non si può fare di tutta l’erba un fascio e vale anche per l’Albania e gli albanesi. Ci sono dei notevoli motivi storici che portano questo popolo ad essere ciò che è….

E poiché nessuno di noi ha la verità in tasca, non è detto che sia sbagliato il loro modo di essere e di vivere e sia giusto il nostro…

Faleminderit (grazie) Albania!

Alessia Zago

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